Il riso è uno dei cereali più adoperati nelle cucine di tutto il mondo.
In particolare si tratta di una pianta erbacea annuale, originaria dell’Asia e appartenente alla famiglia delle graminacee.
Di questo alimento esistono migliaia di varietà e solo in Italia, dove è coltivato principalmente nelle province di Vercelli, Novara e Pavia, se ne conoscono ben 72 tipologie diverse.
Ora, poiché queste hanno spesso delle caratteristiche peculiari, ciò comporta che alcune di esse siano più adatte ad un determinato impiego, piuttosto che a un altro.
In altri termini il riso che utilizzeremo per cucinare un timballo, non sarà idoneo per preparare anche un risotto.
Infatti nel primo caso ne avremo bisogno un tipo che rilascia amido, facendo sì che i chicchi si “incollino” tra loro, mentre nel secondo dovremo impiegare un varietà di riso i cui chicchi rimangano piuttosto sgranati.
Detto questo, ho ritenuto opportuno dedicare un articolo a questo cereale, al fine di conoscerlo in maniera più approfondita e comprendere l’uso più corretto che possiamo fare in cucina delle principali varietà, commercializzate in Italia.
Dal campo alle nostre tavole
Sebbene il riso sia originario dell’Asia, da diversi secoli è coltivato in tutto il mondo e in base alla tipologia di coltura, può essere distinto in riso di palude, che è di qualità superiore, e in riso di montagna.
Comunque sia in entrambi i casi, prima di essere commercializzato, il cereale subisce una serie di trattamenti, atti a raffinarlo.
In particolare dopo la trebbiatura, il riso, che in questa fase prende il nome di “risone” o di “riso grezzo”, è innanzitutto pulito, per eliminare le impurità.
Dopodichè viene sbramato, per privarlo delle grumelle (le lamelle vegetali che avvolgono i chicchi), e sbiancato, per eliminare la pellicola interna, gli strati periferici dei chicchi e i chicchi rotti o piccoli (in questo modo si ottiene il “riso mercantile”).
A questo punto il riso subisce un ulteriore fase di trasformazione, nota come finissaggio, che può essere distinta in tre momenti:
– la spazzolatura, durante la quale viene eliminata la farina dagli strati superficiali dei chicchi;
– la lucidatura con oli di semi o di lino, dalla quale si ottiene il “riso camolino”;
– la brillatura, durante la quale i chicchi vengono trattati con polvere di talco, per produrre il “riso bianco”.
In realtà non tutte le varietà di riso in commercio subiscono gli stessi trattamenti.
Infatti, per esempio, sugli scaffali della piccola e della grande distribuzione è reperibile il riso integrale, o sbramato, il quale ha subito solo l’eliminazione delle grumelle, per cui è più ricco di fibre, vitamine, sali minerali e proteine, tutti elementi che si perdono nel corso delle varie lavorazioni.
Altre differenze che intercorrono tra il riso integrale e quello brillato sono il fatto che il primo ha dei tempi di conservazione ridotti e necessita di una cottura più lunga (circa 40 minuti).
Ma queste sono ben poca cosa rispetto ai benefici, che le sostanze nutritive mantenute apportano al nostro organismo.
A parte il riso integrale in Italia ne esiste un’altra varietà commerciale, che ha subito una lavorazione diversa da quella più comune e stiamo parlando del riso parboiled.
Questo è ottenuto con risi fini o semifini, trattati a vapore prima del processo di raffinazione, cioè quando si trovano ancora allo stato di risone.
Ciò determina la trasmigrazione delle sostanze, contenute negli strati esterni del chicco, verso l’interno, con la conseguenza che il riso parboiled tiene meglio la cottura e durante la bollitura i chicchi disperdono nel liquido un quantitativo inferiore di sostanze nutritive.
Infine in commercio sono disponibili anche dei risi disidratati, a cottura rapida.
Detto questo, al momento dell’acquisto, è molto importante riconoscere anche se un riso è di qualità, o è deteriorato.
Per cui diciamo che in linea generale un buon riso deve avere un aspetto omogeneo, non deve emanare cattivi odori e al tatto non deve lasciare le mani polverose, altrimenti significa che è vecchio.
Per quanto riguarda i chicchi, invece, questi devono essere uniformi, integri e lucidi, quasi vitrei, con una macchietta bianca al centro; quest’ultima è costituita da granuli di amido, che si sciolgono in cottura, e più sarà grande, più il riso sarà tenero.
In ogni caso, una volta acquistato, il riso deve essere conservato in un luogo asciutto e ventilato.
Le principali varietà di riso commercializzate in Italia e il loro impiego in cucina
Le diverse varietà di riso, coltivate e commercializzate in Italia, sono classificate in quattro gruppi, che differiscono tra loro per le dimensioni dei chicchi, e in particolare distinguiamo il riso comune, quello semifino, il fino e il superfino.
Come accennato, questi hanno delle caratteristiche che li rendono più adatti ad essere impiegati in determinate preparazioni, piuttosto che in altre.
Per cui vediamo di conoscerli meglio.
Il riso comune comprende le varietà Originario, Balilla, Balilla grana grossa, Cripto e Rubino.
Queste hanno chicchi piccoli e tondeggianti, che cuociono in 12-13 minuti.
Inoltre durante la cottura tendono a rilasciare amido e ciò le rende particolarmente adatte ad essere impiegate nella preparazione di minestre, timballi, crocchette e dolci.
Il riso semifino comprende le varietà Rosa Marchetti, Lido, Titanio, Monticelli, Italico, Maratelli, Piemonte, Padano, Romeo e Vialone nano.
Queste hanno chicchi semilunghi e tondeggianti, che cuociono in 13-15 minuti e sono adatte ad essere impiegate nella preparazione di minestre e insalate.
Il riso fino comprende le varietà Ribe, Europa, R.B., Ringo, Romanico, P. Marchetti, Radon, Veneria, Rizzotto, S. Andrea e Vialone nero.
Queste hanno chicchi affusolati, che cuociono in 14-16 min.
Inoltre durante la cottura rilasciano pochissimo amido e ciò le rende particolarmente adatte ad essere impiegate nella preparazione di insalate, risotti e contorni.
Il riso superfino comprende le varietà Arborio, Baldo, Carnaroli, Corallo, Redi, Volano, Razza 77, Italpatna, Silla, Gritna e Roma.
Queste hanno chicchi grandi e molto lunghi, che cuociono in 16-18 minuti e praticamente non rilasciano amido.
Per cui sono particolarmente adatte ad essere impiegate nella preparazione di risotti, insalate, guarnizioni e di tutti quei piatti, come per esempio la paella, in cui i chicchi devono rimanere ben sgranati.
In Italia, grazie alla globalizzazione, oltre alle varietà di riso nazionali ne vengono commercializzate anche alcune estere e tra le più note ricordiamo:
– il riso Basmati, originario dell’India e del Pakistan, ha un chicco lungo e affusolato, dal sapore delicato, ma molto aromatico. Questa varietà è più adatta ad essere cotta al vapore e ad essere impiegata come accompagnamento di pietanze a base di carne o di pesce;
– il riso Patna, originario della Thailandia, dopo la cottura assume un aspetto soffice e ben sgranato. Per cui è ideale ad essere impiegato nella preparazione di insalate e sformati;
– il riso Venere, originario della Cina, è ricco di fibre e di sali minerali (fosforo, calcio, ferro, zinco e selenio). I suoi chicchi hanno un inconfondibile colore nero, inoltre cuocendo emanano un aroma di sandalo e di pane.
Generalmente il riso Venere viene impiegato come accompagnamento di pietanze a base di carne o di pesce. Tuttavia in Italia è adoperato comunemente per realizzare diversi primi piatti.
Tommaso Svaldi è un esperto di casa e giardino che gestisce un blog online dove pubblica guide dettagliate su vari argomenti. Le guide di Tommaso sono apprezzate dai suoi lettori per la loro semplicità, chiarezza e precisione. Ogni guida fornisce informazioni dettagliate, passo dopo passo, per aiutare i lettori a completare progetti di costruzione o di manutenzione in modo efficace ed efficiente.